martedì 29 aprile 2025
In mortem Franceschini
Ieri i giornalini hanno finalmente dato notizia della morte di Alberto Franceschini fondatore e leader delle Brigate Rosse con Mara Cagol e Renato Curcio. Nato nel 1947 a Reggio Emilia egli incarnava l’anima post resistenziale del Partito Comunista che lasciò per passare alla lotta armata. Nella sua vita non sono mancati lo spirito rivoluzionario, l’impegno e la coerenza ideale. Egli esercitò una funzione dirigente della lotta armata in Italia organizzando i rapimenti Macchiarini e Sossi fino al suo arresto nel settembre 1974. Venne condannato anche per l’omicidio dei due esponenti del MSI morti a Padova nel giugno precedente. Omicidi che egli non commise e non concepì, ma dei quali si assunse la responsabilità politica.
Dopo otto anni di carceri speciali, nel 1982 quando ancora non vigevano le leggi premianti, si dissociò dalla lotta armata e scontò altri 12 anni di pena carceraria. Stette quindi in carcere diciotto anni ovvero quattro in più di Mario Moretti che, sostenuto e protetto dai servizi segreti, rapì e uccise Aldo Moro. La sua pena detentiva è durata circa il doppio di quella di brigatisti come Antonio Savasta che la giustizia italiana ritiene colpevole di circa diciassette omicidi. Uscito di galera Alberto Franceschini lavorò a Roma in una cooperativa ARCI e contribuì alle ricerche storiografiche di Fasanella pubblicate nel libro cosa sono le Br.
Negli anni della maturità la sua visione della lotta armata era consapevole delle infiltrazioni e delle manipolazioni strumentali operate dallo Stato con i servizi segreti stranieri come ad esempio il Mossad israeliano. Non fu mai collaboratore di giustizia. Convocato in audizione presso la commissione stragi egli contribuì alle ricostruzioni anche indicando i falsi brigatisti infiltrati e protetti dallo Stato come ad esempio Francesco Marra il quale ebbe un ruolo decisivo nel sequestro Sossi, insegnò ai brigatisti le tecniche della violenza militare come la gambizzazione e, protetto da anonimato e nascosto alla stampa, non ha mai fatto la galera.
Io non ho mai condiviso le prassi brigatiste e nella mia militanza ho sempre condannato la lotta armata ritenendola, come poi si e rivelato lampante, un grave errore politico nella situazione italiana. In quegli anni l’Italia ha goduto di una situazione nella quale la Costituzione repubblicana e la presenza di grandi organizzazioni di massa permisero alla classe operaia di dispiegare lotte sindacali e politiche molto efficaci nella conquista di diritti e nel contrasto dei disegni reazionari. Il contrasto dialettico ai disegni del grande capitale ci fu e fu molto forte, ma l’ideologia della Resistenza tradita adottata invece dai fondatori delle Brigate Rosse non cogliendo tali potenzialità finì per offrire gli alibi politici e il fianco operativo ai disegni di manipolazione anti operaia.
Oggi siamo in un quadro reale molto lontano dagli scenari di grandi lotte che hanno caratterizzato quegli anni. E coloro stessi che scelsero quella strada sbagliata ne hanno una senile e malcelata consapevolezza. Siamo in uno scenario di finanziarizzazione elitaria del capitalismo che vede gli stessi stati nazionali nel ruolo di perdenti nello scontro con le multinazionali e siamo in una crisi che assume giorno dopo giorno i connotati di una guerra mondiale in una prospettiva agghiacciante per le giovani generazioni.
Il risultato è che siamo ancora in quel sistema che umilia le persone e ne sfrutta il lavoro, ingannando le coscienze e manipolandone i comportamenti. Coi suoi telegiornalacci questo sistema ha manipolato la verità su Alberto Franceschini anche nell’ora della sua morte. Ha taciuto e mentito la data della sua morte nel timore che il clima del 25 Aprile gli desse una patina di riscatto e ora lo descrive come un complottista. Ma lo fa per autoassolversi nell’illusoria speranza di rimuovere le proprie contraddizioni e responsabilità.
Ma anche lo scempio di chi calpesta i fiori non può fermare la primavera.--------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- The newspapers have finally reported the death of Alberto Franceschini, founder and leader of the Red Brigades along with Mara Cagol and Renato Curcio. Born in 1947 in Reggio Emilia, he represented the post-Resistance spirit of the Communist Party, which he eventually left to take up armed struggle. He committed crimes like attacks on industrial properties and kidnappings, but was never involved in shootouts. Still, he was convicted for murders he neither committed nor planned, although he took political responsibility for them. Throughout his life, he stayed true to his revolutionary ideals, showing real commitment and consistency. After spending eighteen years in prison, he worked in Rome for an ARCI cooperative and helped with historical research on the Red Brigades.------------------------------------------------------------------------------------------------ (2 Corinthians 5:10)
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