venerdì 2 gennaio 2015

1915, di Fasanella e Grippo

Lettura interessante, anche se iltesto è un po' diluito, Va bene per approcciare il tema della grande guerra sul quale, in vista del centenario dell'entrata in guerra italiana, l'editoria sembra muoversi in queste settimane.

Lettura

L’introduzione promette un libro di storie narrate senza enfasi o ipocrisie patriottistiche. 

Per quanto attiene al ruolo dell’intelligence italiana, allora ai primordi e in via di formazione, il periodo della neutralità del 1914 serve a preparare l’entrata in guerra dalla parte della Intesa. 

Il contesto di segretezza in cui le operazioni vengono svolte permette di farlo senza uscire dalla Triplice alleanza della quale l’Italia continua a far parte. Si arriva quindi al 1915, anno che dà il titolo al libro. In quell’anno con l’entrata in guerra dell’Italia contro l’Austria prende avvio un massacro che dimostra tutta l’impreparazione e l’inadeguatezza militare del nostro Paese che si troverà alla fine con un drammatico bilancio: circa 600.000 morti italiani, 500.000 invalidi e mutilati, 60.000 prigionieri di cui si è persa ogni traccia. Il tutto in un fronte che ha visto ammassati 5.600.000 italiani.

  
L’alpino spia. 

Tullio MARCHETTI è il filo conduttore della narrazione. 
Ufficiale degli alpini di stanza nel nordest d’Italia percorre e ripercorre i confini come capo dell’Ufficio Informazioni 1^ armata Verona per mappare i futuri scenari di guerra. Raccoglie informazioni sui movimenti che avvengono oltreconfine e si avvale di una rete di informatori che scrivono cartoline e lettere cifrate di vario genere. 

E’ un trentino di Bolbeno, irredentista convinto. Negli anni recedenti il conflitto le associazioni culturali e sportive con la scusa di innocue biciclettate realizzano veri e propri raduni patriottici che forniscono i suoi agenti.

Il Club Alpino Italiano e la SAT (società alpinisti tridentini) fanno in modo che “l’andare per montagne era come esercitarsi in una palestra di patriottismo”. Dalla SAT Marchetti ottiene la chiave dei rifugi che gli permette un notevole lavoro di mappatura e fotografia. Ma anche un sistematica opera di reclutamento che tra il 1875 e 1915 fornirà, servendosi della Unione Ginnastica, del Veloce Club e varie bande musicali, tutto il vivaio di informatori e spie.




Ecco un paio di vicende che mi hanno particolarmente stimolato ed incuriosito. 



Nel Marzo del 1916 l’Ufficio Centrale di Informazioni registra nel clima del Paese una situazione di criticità politico-sociale e diffonde una nota che segnala un pericolo per il ministro dell’interno Orlando. 

Alla base del pericolo starebbe il fatto che nell’esercito un particolare settore di ufficiali non si sente sicuro e degnamente rappresentato. L’ufficio si concentra in particolare nel monitoraggio della massoneria di palazzo Giustiniani. Il controspionaggio controlla e documenta ogni riunione. Si teme che nel Grande Oriente si scateni l’attivismo terroristico repubblicano. “Si prospetta una alleanza tra massoni repubblicani, socialisti interventisti e una parte dell’esercito vicina ai Fratelli” lo stesso Giolitti, seppur emarginato, lamenta il pericolo di un governo militare antiparlamentare. 

In tal contesto Cadorna nella primavera del 17 avrebbe giocato un’intentona conclusasi con la sostituzione del capo dei servizi segreti. In ogni caso secondo la ricostruzione del libro, Cadorna arriverà al massacro di Caporetto fortemente delegittimato e circondato da generali massoni a lui avversi.



I moti operai della Torino del 1917, studiati da Gramsci, sono considerati come la versione italiana del tentativo di far franare dall’interno il fronte italiano secondo il modello russo. In proposito il questore di Torino scrive esplicitamente usando la formula della “insurrezione armata contro i poteri dello Stato”. Gramsci scrive in “Passato e presente” che i fatti di Torino furono certamente spontanei a causa dalla mancanza di pane, ma tale mancanza non fu casuale bensì dovuta al boicottaggio della burocrazia giolittiana.


Pg. 245 – massoneria e forze armate.

Nell’Ottobre del 1917 il crollo russo offre una opportunità di riorganizzazione strategica per la Germania. Essa infatti col piano Waffentreu attacca il nostro fronte per ributtare gli italiani oltre i tagliamento. Allo scopo sposta i cannoni e spedisce migliaia di treni verso sud. E’ difficile credere che l’Italia non se ne accorga, ma l’unica tattica che essa adotta è quella della difesa ad oltranza. Sul Tolmino cannoni di Badoglio tacciono per tutta la notte del 24 e solo giorno dopo ci si rende conto dell’enorme disastro militare. Undicimila morti, trentamila feriti, mezzo milione di sbandati, ritirata da Isonzo a Piave. La sede di Udine viene lasciata sguarnita e l’Evidenzbureau si appropria di tutti i codici e delle mappe relative all’ubicazione delle stazioni d’ascolto. Tra le carte vi sono anche i nomi degli informatori trentini.
Cadorna viene sostituito con Diaz. Ciò accontenta gli alleati che non lo sopportavano ma accontenta anche la massoneria. Badoglio era massone e perciò nonostante fosse stata la sua armata, la 27^ a cedere per prima spezzando il fronte, egli verrà protetto durante i lavori della commissione d’inchiesta.

Pg 249 – Ai primi di Novembre 1917 l’Ufficio Centrale di Informazione si concentra su un nuovo pericolo interno: un complotto golpista dei settori massonici più interventisti. 

Sono repubblicani antiparlamentaristi. Il loro comitato segreto di guerra stila liste di socialisti e dei giolittiani da eliminare ecc. nell’ambito di un moto rivoluzionario che proclami l’abbattimento della monarchia. Sono tanti e bene armati, dicono i rapporti, e possono contare su appoggi capi militari e dirigenti pubblici. Temono il rischio di una pace separata. E quindi sono quasi certamente sostenuti e finanziati da Austria e Germania. Sono però sostenuti anche dai grandi industriali che fanno affari con la guerra. Ansaldo, acciaierie di Terni e Fiat sono quelli nominati dal libro, ma in quel periodo anche Marzotto viveva di commesse militari. Qui a pagina 251 si ricorda che Ansaldo nel 1914 aveva un patrimonio di 45 milioni di lire e alla fine della guerra il patrimonio ammontava a 135,5 Milioni di lire.

I golpisti fissano la data dell’attacco a Febbraio 1918. L’insurrezione, che viene preparata nel segreto assoluto, dovrà attaccare anche il Vaticano. Le riunioni avvengono col cappuccio e si giura sul pugnale e sul teschio.
255 – Tullio Marchetti nel 1918 “metterà su l’Arena per seguire le fasi finali del conflitto” e viene scelto da Diaz per la firma finale dell’armistizio di Villa Giusti il 3 Novembre 1918.

La storia dell’Alpino spia ha fin qui funto da leit motiv del libro. Ora l’ultima parte, la settima, racconta della guerra dei codici.


Telegramma Panizzardi. 

E’ un episodio di fine ottocento, legato anche al caso Dreyfus. 15 Ottobre 1894 arresto del capitano francese con l’accusa di spionaggio a favore di potenze straniere. Germania e Italia nelle settimane successive alimentano e sostengono i giornali francesi che montano lo scandalo, mentre i principali giornali francesi montano una campagna anti italiana. Il colonnello Alessandro Panizzardi è l’addetto militare presso l’ambasciata italiana a Parigi e sollecita, con messaggi cifrati, il governo italiano a smentire le voci di contatti preliminari con Dreyfus. Il Bureau de Chiffre in poche ore individua il codice usato: si tratta di un codice commerciale elaborato dall’ingegnere torinese Paolo Baravelli. Un codice debole, non protetto da sovracifrature. Le autorità francesi sfruttano il vantaggio per lasciar montare l’ostilità della pubblica opinione contro i paesi della Triplice Alleanza, anche sacrificando l’onore del loro capitano il quale, dopo essere stato mandato in Guyana, ile du Diable verrà scagionato solo nel 1906.

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