venerdì 11 settembre 2015

Ground Zero, il Pirellone e l'inside job




L’11 Settembre ha impressionato profondamente il mondo moderno. 

Fu il punto più alto di comunicazione televisiva. 
Dei vari attentati che si sono svolti quel giorno negli Stati Uniti il momento topico che rimane nella mente dei telespettatori è quello del secondo aereo che si infrange sulla torre e, soprattutto, la caduta progressiva, ordinata degli edifici su se stessi.
Direi che è soprattutto quest’ultima sequenza a rappresentarlo, e anche se si tratta di una palese, evidente, demolizione controllata ci piace continuare a spiegarlo con Bin Laden.

L’11/9 di Luigi Fasulo.
Dopo tredici anni pochi ricordano l’apprensione e la forte curiosità con la quale abbiamo affrontato la notizia dell’aereo di Luigi Fasulo schiantatosi contro il Pirellone. Erano passati sette mesi dallo schianto, ben più grave, degli aerei di linea dirottati sulle torri gemelle a New York. E credo che tutti gli spettatori, in tutto il mondo, abbiano subito associato il fatto di Milano con l’11 settembre.
La notizia infatti è stata data fin da subito dalla CNN: Plan hits Milan Skyscraper. Ma altrettanto immediatamente è stata accantonata in ossequio alle disposizioni antiterrorismo che impongono il ridimensionamento censoreo di ogni magnitudo per i fatti terroristici. Si teme di fare, informando, il gioco del nemico.
In termini di gestione del mainstream pertanto quell’episodio è stato trattato come un fatto terroristico mentre poi tutta la gestione è stata tesa a trattarlo come un incidente causato da un individuo psicolabile. E si è cercato di staccare nettamente ogni associazione di idee tra i due fatti.
Ma era terrorismo o incidente? Delle due l’una: se era terrorismo la gran parte delle spiegazioni fornite successivamente (suicidio o incidente causati da disperazione) erano balle e se non lo era è stato sbagliato il ridimensionamento della notizia. In entrambi i casi la lente deformante dei media ha ingannato inutilmente l’opinione pubblica.

 Ma il vero significato oggettivo di quel fatto è stato davanti agli occhi di tutti: un aereo che si schianta su un grattacelo non lo fa precipitare su se stesso. Esplode e distrugge solo localmente, punto e basta. In questo caso ha provocato la morte di tre persone e devastato il ventitreesimo piano del palazzo. Il giorno dopo i dipendenti con l’ufficio nei piani sottostanti hanno ripreso il lavoro al loro solito posto. Nessuna demolizione controllata. E il Pirellone è ancora là.








Perciò dopo quattordici anni i morti di Ground Zero potrebbero già essere onorati con la verità. Basterebbe volerlo. I morti si sono accumulati nella seconda fase, quella della caduta degli edifici perché in realtà l’aereo ha fatto pochi danni in proporzione al risultato finale. E la responsabilità è di chi ha ordinato la demolizione.


Oggi sappiamo dagli atti ufficiali che quei due tempi dell’intero attentato, schianto e caduta, non sono collegati da alcun nesso di causa. Sono due decisioni terroristiche collegate tra loro solo da un calcolo politico e probabilmente due decisioni prese da due centri di comando diversi e contrapposti. 

La caduta su se stesso dell’edificio non è conseguenza fisica dello schianto. Gli attentati in realtà furono due, due atti distinti e indipendenti. Il primo fu un attacco pianificato, il secondo una demolizione controllata che, sotto gli occhi emozionati del mondo intero, venne decisa alla luce di quanto stava accadendo. Un raddoppio. E non è per niente stupido ritenere che sia stato deliberatamente voluto per realizzare una sorta di golpe interno, un inside job del gruppo di potere Bush. Dopo quel giorno infatti si è aperta una strada nuova nelle politica dell’occidente, lo scontro petrolifero è stato mascherato da guerra al terrorismo e il collasso finanziario è stato rinviato di otto anni. Otto anni di guerre in Afghanistan ed Irak, guerre che oggi vengono considerate grossi errori dagli stessi dirigenti occidentali.



Ovviamente non ci sono ancora le condizioni comunicative per sostenerlo serenamente. Non c’è neanche l’interesse a farlo se non per soddisfare un tenue desiderio di verità. Ma è più sereno pensare che TUTTO l’attentato alle torri gemelle, e TUTTI quei morti vadano attribuiti alla malvagità dei terroristi di Al Qaeda. Ma che la versione ufficiale sull’11/ 9 sia un falso è stato dimostrato ed acquisito dagli atti ufficiali delle commissioni di indagine.


Siamo tutti davanti alla porta, è una porta a vetri opachi, sappiamo che di là c’è la verità, ma non vogliamo aprirla. Troppo scomodo, in fin dei conti chi ce lo fa fare?


 Lo faranno, speriamo, i nostri figli.






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