domenica 4 marzo 2018

L'Italia del New York Times davanti al voto








L’articolo del New York Times di venerdi scorso non descrive una buona situazione per l’Italia. Il nostro paese viene descritto male mettendo al centro in prima pagina una foto del quartiere Tamburi di Taranto, un quartiere la cui skyline non è particolarmente accattivante.






Lo scopo dell'articolo, che porta la firma di Peter S. Goodman, dovrebbe essere quello di chiarire al pubblico anglofono lo scenario italiano alla vigilia del voto, ma in realtà lo confonde scegliendo un punto di vista, le acciaierie di Taranto, che risulta triste ed umiliante per poi proseguire sulla crescita, il debito, la disoccupazione e la inaffidabilità della classe politica. E cosi, sfiorando la denigrazione, anziché chiarire, oscura l’immagine del nostro paese fin dal titolo.
In quest’Italia i giovani non hanno fiducia. Sono disoccupati o precari e vedono una economia ossificata con una classe politica che ha fallito il tentativo di rilanciarla. Tra i segnali di ripresa in Puglia alcuni timidi successi, come la pasta Divella, vengono oscurati dalla catastrofe delle acciaierie che inquinano e sono destinate al fallimento. A tal proposito le difficoltà sanitarie della Puglia occupano un paio di colonne al finale dell’articolo. E in questo quadro si riaffaccia Berlusconi il quale, riabilitato dopo essere caduto in disgrazia per evasione fiscale e “sex-filled bachanals” (gozzoviglie piene di sesso) riemerge dalla selva oscura per diventare kingmaker.
Gli analisti, scrive Goodman, dubitano che i 5 Stelle prendano seggi sufficienti a formare un nuovo governo ma esiste la remota possibilità che essi si alleino con la Lega (che qui viene chiamata ancora Northern League saltando quello che è in realtà un passaggio chiave della recente evoluzione politica ovvero il nuovo ruolo lepeniano di Salvini) una alleanza che potrebbe far crepitare i mercati finanziari.

Insomma la tesi di fondo dell’articolo è che in Italia un’economia moribonda e un disprezzo per la politica si aggiungono alle preoccupazioni del continente. La mia opinione non è molto lontana da questi giudizi ma ciò nonostante provo un senso di tristezza e ingiustizia nel leggerli sul New York Times. E mi rammarica pensare che ci sia un po’ di strumentalità da parte di un giornale che dopo aver attaccato Trump per un anno ora si mette a sostenere le sue politiche protezioniste.
Non può sfuggire infatti che l’articolo appare in prima pagina lo stesso giorno in cui gli USA annunciano dazi su alluminio e acciaio in un nuovo quadro di ostilità commerciali (vedi Jeans Levi’s) contro l’Europa.






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