venerdì 2 marzo 2018

sessantotti stiracchiati








Il 1968 in Italia fu lanciato mediaticamente dai fatti di Valle Giulia; fatti che ancora oggi lo rievocano. In realtà era già da oltre un anno che gli studenti praticavano le nuove forme di contestazione ed occupavano le università chiedendo un mondo nuovo. 


Come insegna oggi la Storia si trattò di un fenomeno globale, non di un fatto domestico come invece viene ricordato in questi giorni dal dibattito giornalistico. Tra gli studenti di quegli anni si stava diffondendo un modello di comportamento di tipo spontaneistico, che si opponeva di fatto allo statuto disciplinare vigente nei collegi universitari. Si affacciavano infatti all’età adulta le nuove leve demografiche in parte cresciute all’insegna delle pedagogie tolleranti. E l’episodio rivelatore risaliva al 1964 quando a Berkeley era nato il Free Speech Movement. In tale occasione studenti che, insolitamente, si erano sedizosamente adunati dentro il perimentro del parco universitario, sotto i colpi della polizia a cavallo si rifugiarono nel giardino del free speech ove, anche secondo il vecchio regolamento universitario, si poteva parlare liberamente. Ma la polizia non si curò di quel dettaglio regolamentare e manganellò brutalmente per ore quegli studenti in giacca e cravatta.



Anche a Valle Giulia, quattro anni dopo, la polizia intervenne brutalmente, ma ciò che avviene quel giorno risulta tutt’oggi significativo perché produsse la polarizzazione politica del movimento contestativo generazionale. Nasce lì la contrapposizione tra destra e sinistra del movimento giovanile, in particolare ad opera del MSI che, con Almirante, intervenne e innescò gli scontri. 

C’era molta polizia e vennero scattate molte foto e girati molti filmati. 

L’esistenza di tale materiale a sua volta costituisce una delle ragioni di persistenza dell’interesse giornalistico per quella giornata. Tra gli aneddoti più famosi c’è la sequenza in cui viene lanciato un tavolo – o una panca, non ricordo -  dal piano superiore sulla scalinata piena di studenti ferendo il giovane Oreste Scalzone. Oppure quello in cui il vice questore Venditti comanda la carica contro gli studenti tra i quali c’è suo figlio e quindi approfitta del megafono per avvisarlo: “Antonello non fare il coglione, vai a casa!” 

Sia Scalzone che Venditti diventeranno famosi negli anni successivi. Ma con loro c’erano altre decine di personaggi destinati ad assumere un ruolo da testimonial sessantottino. E di questa anagrafica un po’ nostalgica si occupa la monografia di MicroMega uscita il mese scorso. 


Buona lettura





Oggi, dopo cinquant’anni, da parte delle redazioni perbeniste e conservatrici, come ad esempio quella del TG1, sI ricorda Valle Giulia più che altro per richiamare le parole di Pasolini il quale allora criticò gli studenti.  Ma in realtà risulta spregevole ed illusorio usare le parole di un intellettuale di sinistra per criticare tutto il sessantotto. Pier Paolo Pasolini infatti pubblicò quella sua riflessione sei mesi dopo, non a caldo come viene citata, e lo fece a pochi giorni dalla sua fortissima contestazione intellettuale del festival del cinema di Venezia. Fu il suo modo di prendere le difese di chi il sessantotto protesse e portò sulla scena politica: i lavoratori. Fossero essi in fabbrica o in divisa.







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