domenica 8 ottobre 2023

Sessant'anni dal Vajont

 



Nell’anniversario del disastro Vajont le cronache televisive hanno riportato due casi concettualmente contigui a quel disastro. Gli allagamenti della Romagna avvenuti il 18 Maggio e quelli più recenti della Libia.

 In entrambi i casi gli usuali modelli di regimazione degli invasi sono stati sconvolti da eventi metereologici atipici con picchi di piovosità smisurati e concentrati in tempi molto brevi. L’informazione di regime li riconduce ai tormentoni del Climate Change e del Global Warming ma in ogni caso, comunque li si voglia vedere, il tema è quello della gestione delle dighe e del loro reale grado di pericolosità.

 

Nel caso romagnolo è difficile sostenere l’esistenza di un rapporto di causa ed effetto tra gli allagamenti e la convulsa gestione degli sversamenti effettuati dalla diga di Ridracoli, ma è bene tenere vivo lo spirito critico e gli occhi aperti perché dopo, quando si contano i morti, le stupide polemiche sui cosiddetti complottismi diventano inutili mentre quelle di Tina Merlin sul Vajont: “Oggi tuttavia non si può soltanto piangere ma e tempo di imparare qualcosa” diventano sante…

 


 L’alluvione ha causato il crollo delle dighe?

Le inondazioni libiche che si sono verificate a Derna il 10 settembre sono dovute all’uomo e non a cause climatiche. Esse possono essere fatte risalire all’incuria che consegue alla distruzione subita dalla Libia post Geddafi. Le dighe necessitano di manutenzione e cura del territorio, cosa che non si è più verificata dopo la sua morte avvenuta il 20 Ottobre 2011.

 In questo disastro c’è lo stesso messaggio simbolico del Vajont:  no all’energia idroelettrica.

                                                       


               

Quella di attribuire le cause del disastro al “crollo” della diga è solo una tipica balla giornalistica delle prime ore. Lo dimostra proprio il nostro Vajont. In esso non ci fu alcun crollo e la diga in sé è tutt’oggi in piedi, parzialmente sommersa nei detriti ma senza cedimento. È lì, nel comune di Erto e Casso tel 0427 87333, basta andare a vederla.

                                                                 


 Le dighe non crollano, tracimano. Quelle in cui si verificano cedimenti strutturali sono le dighe in terrapieno. Nei sistemi come quello libico ci sono due dighe, una a monte ed una valle. Quella a monte è appunto una diga in terrapieno che raccoglie una enorme massa d’acqua. E’ probabile che questa prima diga abbia subito in circostanze di forte piovosità una forma di crollo o di destrutturazione causando una enorme onda anomala che nella diga a valle ha causato la drammatica tracimazione dei cui effetti abbiamo le foto.

 

Siccome è sempre il primo messaggio che resta impresso all’opinione pubblica succede che i disastri connessi con le dighe veicolano molto efficacemente un’idea di pericolosità’ che col petrolio non viene invece associata.

 

 

Quel giorno non è crollata una diga ma è definitivamente crollato il sogno idroelettrico. L'Italia è vincolata dai trattati del dopoguerra all'uso del termoelettrico per assicurare mercato al petrolio. E' una scelta che è stata imposta ancora negli anni trenta dalle famiglie dell'alta finanzia angloamericana ai paesi europei. La stessa ascesa di Hitler e soprattutto la sua politica di riarmo unilaterale della Germania  furono finanziate dalle oligarchie petrolifere. La massoneria della Skull and Bones Society ha realizzato il proprio disegno di potere globale e le nazioni europee hanno dovuto rinunciare a mega progetti come Atlantropa.

 (Vedi link:http://omniavulnerant.over-blog.it/2021/04/la-diga-sull-oceano-di-osvaldo-guerrieri.html )



 

Oggi i paesi arabi pianificano gli investimenti del dopo petrolio e per quelle culture le masse d’acqua sono molto attraenti e suggestive. Bisogna farli deflettere da ogni miraggio. L’acqua dovrà arrivare a loro non dalle dighe, ma attraverso le infrastrutture occidentali le cui multinazionali faranno sull’acqua gli stessi profitti che hanno fatto sul petrolio.

 

Alle elite Wahabite filo occidentali potrebbe anche andar bene, alle massonerie islamiche dei Fratelli Mussulmani anche, ma all’Africa no. L’africa nera il proprio futuro vuole farselo da sola. A noi chiedano pure il know How tecno scientifico che ci siamo costruiti coi secoli di sfruttamento delle loro risorse e dei loro schiavi. E il mondo multipolare che sta nascendo alla grande glielo saprà certamente fornire. 

 

A domani Lumumba, a domani Nasser, a domani Geddafi a domani … a domani!

 

 

 

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The Libyan floods that appened at Derna in 10 september 2023 are due to humans, no climatic causes. It can be traced back to the neglect that followed the post-Geddafy destruction. Dams need maintenance and land care.

 

In this environmental disaster there is the same symbolic message as Vajont: no to hydroelectric power. And this message is functional to maintaining Western power in the post-oil era.

 

 

 


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