venerdì 4 marzo 2016

WW3: Retoriche neo interventiste.







Dal discorso di Mattarella a Washington

[...] il terrorismo è la minaccia più dirompente che le nostre società stanno affrontando. Una minaccia che non ha confini, che si alimenta di un'irrazionale pulsione distruttiva e di una serie di insidiosi anti-valori. Essi appaiono costruiti come l'antitesi stessa delle fondamenta sulle quali poggiano le nostre società.

La pericolosa diffusione del fenomeno, che si giova dei benefici e degli strumenti della globalizzazione, non risparmia nessun continente e costituisce un pressante monito per tutti noi.

E' illusorio pensare che i singoli Paesi, separatamente, possano riuscire a sconfiggere questo nemico. L'inasprimento delle normative e dei controlli, le azioni di prevenzione e di polizia che ciascuna nazione o gruppo di nazioni può mettere in atto possono accrescere le difese, migliorandole, ma non costituiscono un'autentica soluzione. Per combattere un fenomeno così complesso occorre, prima di tutto, lavorare insieme, di più e meglio, per bloccare la sua genesi e il suo sviluppo, evitando che esso prosperi laddove i nostri valori stentano ad essere compresi e ad affermarsi, dove il rispetto per la vita e la dignità della persona umana viene sistematicamente violato.

[...]la collaborazione fra Stati Uniti e Unione Europea costituisce un'assoluta necessità per combattere con efficacia e credibilità questa battaglia. Si tratta di una collaborazione vigile, leale, attenta, che deve essere sempre in grado di prevenire per non rischiare di rimanere "indietro", per non essere in ritardo rispetto a una minaccia subdola, strisciante e pronta a colpire ovunque.

Una minaccia che si alimenta dell'instabilità e sfrutta la guerra, la povertà e le tensioni sociali che tengono in ostaggio una quota ancora troppo importante della popolazione mondiale.

Si frantumano società antiche e non si pongono basi per le nuove.

Queste - e non un presunto scontro di civiltà - sono le principali cause della diffusione del terrorismo e dell'affermarsi di Daesh. La minaccia prospera laddove gli Stati "falliscono".


Mi riferisco, in primo luogo, alla Libia, ove il ricompattamento delle diplomazie europee, d'intesa con gli Stati Uniti, sull'azione compiuta dalle Nazioni Unite ha consentito di giungere alla conclusione di un primo accordo per la ricostituzione di istituzioni nazionali condivise. Si tratta del primo passo per la ricostituzione di un'autorità dello Stato, per riportare il Paese sotto il controllo di Istituzioni centrali stabili e credibili. Avviare politiche efficaci di pacificazione, stabilità e sviluppo significa saper trarre ammaestramenti da esperienze di intervento della comunità internazionale, per applicarli.



…………

Penso che l’impianto retorico principale, a sostegno dell’intervento militare in Libia, sarà fondato su due argomenti/spauracchio: l’immigrazione infiltrata e la necessità di far guerra all’ISIS. I nostri parlamentari, salvo i pochi non ancora cooptati nel mainstream, cavalcheranno e voteranno la retorica di regime.
Ma i primi a non crederci sono proprio gli analisti della nostra intelligence. Si leggano in proposito la Relazione annuale dei servizi segreti e dell’antimafia.

Non mi stupirei che ci dicessero che Renzi è un buono e non vuole la guerra e che gridare al lupo fa il gioco del nemico. In tal caso farebbero bene a dirci chi sono i nemici e perchè non riusciamo a liberarci dal loro giogo.


In ogni caso i padroni del mainstream interventista (il DIS e i comunicatori renziani) dovranno districarsi tra i limiti del consenso popolare e le pressioni più o meno occulte di Francia, Inghilterra e USA. A tal proposito il nuovo quadro delle alleanze editoriali recentemente determinatosi potrebbe offrire nuove opportunità di gioco.





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