venerdì 8 luglio 2016

Seveso, quarant'anni fa







Seveso, il Viet Nam e l'Aborto.


Il 1° Maggio 1975 venne firmato a Parigi il trattato di pace che poneva formalmente fine alla guerra del Viet Nam. Poche settimane dopo lo stabilimento ICMESA di Meda (in Italia, vicino a Milano) iniziava, dopo una ristrutturazione impiantistica, la produzione di un nuovo intermedio per l’industria farmaceutica: il Triclorofenolo. Sostanza allora poco nota, anche nella letteratura specialistica.



                                                    




L’azienda detentrice degli impianti, ovvero la Givaudan, avrà modo di scrivere in una dichiarazione rivolta al pubblico che “Il Triclorofenolo è una sostanza relativamente innocua, nota da più di 60 anni. Nella legge svizzera sui veleni essa figura nella quarta classe, accanto a prodotti come l’acido citrico. Il Triclorofenolo viene prodotto da ICMESA esclusivamente come intermedio per la produzione di esaclorofene, utilizzato negli ospedali come disinfettante”.



Siamo nel 1976. Il punto è perché la Givaudan usa quell’avverbio: “esclusivamente”?



In quel periodo alcuni volantini di estrema sinistra (Movimento Studentesco) sostennero che la multinazionale svizzera che possedeva Givaudan produceva in Italia sostanze usate dagli americani per defogliare il Viet Nam al fine di poter affinare la precisione dei bombardamenti al Napalm.

Ma la tesi non resse perché la produzione a Meda di sostanze correlate all’agente Orange era iniziata dopo la pace vietnamita e l’inizio del processo internazionale di messa al bando delle armi chimiche.

Nel Marzo 1997 Rai2 mandò in onda una ricerca condotta dal giornalista di inchiesta Maurizio Torrealta nella quale si dava conto delle dichiarazioni a lui stesso fatte da un non meglio precisato “testimone di giustizia” il quale sosteneva che all’inizio gli impianti ICMESA venivano impiegati in “dual use” nell’ambito di una ricerca segreta sulla teratogenesi di alcune sostanze/armi chimiche. Anche questo filone di denuncia non ebbe seguito.

Quindi allo stato degli atti bisogna escludere un retrostante sfondo bellico per i fatti di Seveso.


                                                                     ***


Ma quel che è certo è che l’aspetto relativo agli effetti teratogeni della diossina di Seveso venne preso subito molto sul serio dal governo Andreotti (primo governo di solidarietà nazionale, col sostegno del PCI) e dal Parlamento con l’istituzione di una Commissione di Inchiesta, cui facevano parte pezzi grossi come Giovanni Berlinguer e Susanna Agnelli. E su questa materia il governo emise in quattro e quattr’otto dei provvedimenti di deroga alla legge che vietava l’aborto in Italia. Alcune donne provenienti dalla zona inquinata scelsero di abortire e lo fecero assistite riservatamente da strutture sanitarie.



 
Nei mesi dell’estate/autunno 1976 la popolazione dei comuni colpiti dal fall out pericoloso subì disagi estremi. Evacuazione, territorio inagibile, sospensione di tutte le attività, macellazioni forzate ecc. Ma soprattutto subì il terrore della CLORACNE. Essa colpiva soprattutto la pelle e il viso dei bambini causando sentimenti angosciati.

In questo contesto si sviluppò una campagna nazionale sul tema dell’aborto terapeutico. La Regione Lombardia e i sindaci dovevano gestire grossi problemi di evacuazione di massa con proteste, blocchi stradali e seri problemi sanitari che non si sapeva come affrontare. Ma i quotidiani nazionali polemizzavano sull’aborto.
La giovane dirigente radicale piemontese Emma Bonino si trasferì a Meda e Seveso lanciando una campagna femminista sul “diritto” all’aborto. Oltre a volantini con dettagliati disegni sulle conseguenze sui feti dell’esposizione a diossina la Bonino diffondeva una ordinanza regionale del 13 Agosto '76 nella quale, tra l’altro, si diceva: “le persone esposte a rischio di contaminazione si astengano dalla procreazione per almeno sei mesi.”
Vennero istituiti tre consultori familiari che mettevano a disposizione le tecniche contraccettive.
La posizione antiabortista cattolica venne impugnata dal vescovo il quale trovò un mirabolante propagandista nel liberale Indro Montanelli. Costui sostenne col suo nuovo Giornale (di destra) la campagna di dichiarazioni di coscienza da parte di famiglie disponibili alla adozione di bambini andicappati dalla diossina. Bisognava completare le gravidanze in ogni caso, ci avrebbe pensato la solidarietà cattolica a dedicarsi ai nati del dopo Seveso.
L’argomento più profondo di Montanelli era il seguente: il rischio teratogeno non colpisce la madre, ma il feto, pertanto l’eventuale aborto non ha natura terapeutica, ma eugenetica.


In Italia l'aborto divenne legale nel 1978 con la legge 194.






Nessun commento:

Posta un commento

DSP alle europee

  Alla fine della campagna di raccolta sono state consegnate 60mila firme. Non bastano ma sono state un’ottima occasione per parlare con la ...