venerdì 25 novembre 2016

A REGRETFUL NO. (L'opinione dell'Economist sul Referendum)





[Non fidandomi dei giornaloni, ho tradotto l'articolo dell'Economist. Soggettivamente, of course]


The Economist, 26 Novembre 2016


Il Paese richiede riforme di più vasta portata, non quelle proposte.

L’Italia è stata a lungo la minaccia principale per la sopravvivenza dell’Euro e della UE. Il suo Prodotto Interno Lordo è fermo ai livelli dei lontani anni novanta. Il suo mercato del lavoro è sclerotico. Le sue banche sono piene di prestiti inutili. Lo Stato è gravato dal secondo debito più     alto, che arriva al 133 % del PIL, di tutta l’Unione Europea. Sarà troppo impegnativo soccorrerla.
Questo è il motivo per il quale sul giovane Primo Ministro Matteo Renzi sono state riposte così tante speranze. Egli pensa che il principale problema italiano sia la paralisi istituzionale ed ha indetto un referendum per il 4 Dicembre sui cambiamenti costituzionali che dovrebbero sottrarre poteri alle Regioni e subordinare il Senato alla Camera dei Deputati.

Questo, assieme ad una legge elettorale maggioritaria darà a lui il potere di far passare le riforme di cui il Paese ha disperato bisogno. O almeno così dice lui.
Se poi il referendum fallisce il signor Renzi dice che si dimetterà.
Gli investitori e molti governi europei temono che un voto negativo possa dare il terzo colpo ad un ordine internazionale già vacillante dopo la Brexit e l’elezione di Donald Trump. Ma noi dell’Economist ritieniamo invece che il NO  sia il voto giusto per gli italiani.

Gli emendamenti costituzionali di Renzi non riescono a far fronte al problema principale, ovvero la riluttanza italiana ad ogni riforma per cui gli svantaggi superano sempre i benefici. Soprattutto il rischio che lo stop a quella instabilità che ha fatto cambiare 65 governi dal 1945 a oggi dia vita ad una leadership autoritaria. Questo infatti è il Paese che ha prodotto Benito Mussolini e Silvio Berlusconi e che risulta particolarmente vulnerabile al populismo.

Il peculiare sistema italiano di bicameralismo perfetto, nel quale ambo le camere hanno gli stessi poteri, può certamente creare ingorghi e in esso le leggi possono rimbalzare avanti indietro tra le due camere anche per decenni. Perciò può apparire sensato che le riforme ridimensionino il Senato riducendolo ad un ruolo consultivo su quasi tutte le leggi. Come per la Camera alta in Germania, Spagna e Inghilterra. Tuttavia il progetto di renziano cozza contro i principi democratici. Perché il Senato non verrebbe più eletto e al contrario molti suoi membri verrebbero cooptati prendendoli tra i legislatori regionali e i sindaci. Ma Regioni e Comuni sono più corrotti del Governo e i senatori beneficerebbero della immunità. Ciò potrebbe trasformare il senato in una calamita per politici inquisiti.
Allo stesso tempo il signor Renzi ha fatto passare una legge elettorale per la Camera che assegna un potere immenso alla forza politica che vince. Infatti, usando vari espedienti elettorali, si garantisce a chi prende più voti il 54% dei seggi. Con ciò garantendo un mandato di cinque anni al Presidente del Consiglio.
Questo avrebbe senso se quello di far passare le leggi in Italia fosse il gran problema. Ma non lo è. Importanti misure, come ad esempio una riforma elettorale, possono essere votate in un giorno. Ed in effetti l’Italia legifera tanto quanto gli altri paesi europei. Se il problema fosse il potere esecutivo la Francia col suo potente sistema presidenziale sarebbe perfetta, invece, esattamente come l’Italia, anche la Francia è un paese perennemente resistente alle riforme.

Il rischio dello schema Renzi è che il beneficiario sia alla fine Beppe Grillo. Un ex comico oggi leader del Movimento 5 Stelle. Questa scombussolata formazione politica che chiede il referendum per uscire dall’Euro sta già correndo alcuni punti davanti ai democratici nei sondaggi e recentemente ha preso il controllo di Roma e Torino. Lo spettro quindi di un signor Grillo Primo ministro, eletto da una minoranza ma inchiodato al potere proprio dalle riforme di Renzi, è una cosa che inquieta molti italiani e anche molti europei.

Una controindicazione del NO potrebbe essere quella che in questo modo si finisce per rafforzare l’idea di una totale incapacità dell’Italia a risolvere i molteplici e paralizzanti problemi. Ma è Renzi stesso che ha creato la criticità della situazione mettendo a repentaglio il futuro del suo governo collegandone il destino al risultato del test. Gli italiani non dovrebbero essere ricattati. Sarebbe stato meglio per Renzi sostenere la necessità di riformare l’ambiguo sistema giudiziario e migliorare il pesante sistema formativo. Inoltre Renzi ha sprecato due anni armeggiando inutilmente sul sistema costituzionale. Insomma, quanto prima l’Italia ritorna ad una vera riforma e tano meglio per l’Europa.

Che dire poi del disastro che si determinerebbe se il referendum fallisse? Le dimissioni di Renzi non sarebbero certo la catastrofe più temuta dall’Europa. L’Italia potrebbe mettere insieme un governo tecnocratico di scopo come ha fatto altre volte in passato. Se invace un referendum perduto avesse come effetto quello di scatenare il collasso dell’Euro, allora vorrebbe dire che la moneta unica è in realtà così fragile che la sua distruzione è solo questione di tempo.



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