sabato 8 aprile 2017

Siria strike: troppa enfasi.










Syria strike. The New York Time International Edition relega la notizia in quarta pagina, più o meno quanto dedicato, nella pagina di fronte, alla situazione in Nord Corea. Nessun richiamo al bombardamento in prima pagina dove il fondo di Paul Krugman è dedicato alle contraddizioni interne di Tramp col suo partito, all’obamacare e le tasse. Lo stesso articolo di fondo rinvia a pagina 10 dove spicca un articolone sulla necessità di far fuori il dittatore nordcoreano. Nessun accenno ad Assad.

Quindi la lettura di NYT permette di cogliere che a Washingthon non c’è assolutamente l’enfasi abnorme che invece si riscontra nella stampa italiana. E l’analisi di David Sanger lo conferma.

Lanciando il colpo militare a soli 77 giorni di amministrazione il Presidente Trump ha l’opportunità di cambiare la percezione di disordine nella sua amministrazione. Evidenzia che l’attacco prefigura l’incontro della prossima settimana tra il segretario di stato Rex Tillerson e il Presidente Putin. Prima dell’attacco alla base siriana di giovedì notte ci si aspettava che l’incontro sarebbe stato dominato dal tema dell’attacco cibernetico che ha interferito nelle elezioni presidenziali. Invece ora c’è l’opportunità per l’amministrazione americana di chiedere che il leader russo ridimensioni il sostegno ad Assad. E’ stata infatti resa credibile l’ipotesi che in caso contrario verrebbe intensificata l’azione militare americana.


Nel 2013 Obama, dopo aver tracciato la linea rossa che, in caso di superamento, avrebbe causato l’intervento americano preferì accordarsi per uno smantellamento dell’arsenale chimico siriano. L’Italia sa bene che l’accordo fu rispettato perché contribuì ad attuarlo quando era ministra la Bonino. Le sostanze chimiche arrivarono da noi sottacendo le proteste dei cittadini campani che vi si opponevano. Questa impostazione fu saggia perché risolse il problema dell’equilibrio regionale rafforzando la garanzia russa. Le armi chimiche erano state lasciate insediare dalla comunità internazionale in territorio Siriano negli anni in cui Israele si faceva la bomba atomica e c’era bisogno di un bilanciamento. Ora i costi del loro smantellamento non avrebbe potuto essere caricato sullo stato siriano e fu caricato appunto sulla comunità internazionale.  Inoltre Obama non insistette sul regime change miliare perché era consapevole che il collasso della Siria sarebbe stato un paradiso per i terroristi islamici. Egli applicava infatti la lezione che il generale Petraeus raccomanda di imparare dall’esperienza irachena è cioè che quando si determina un vuoto di potere si fa esplodere una costellazione di estremismi. Vennero quindi lasciate ai colloqui di Ginevra le istanze per una caduta di Assad. Ma non ebbero seguito.

Quella decisione venne però criticata durante la campagna elettorale da parte di Trump come un segno di debolezza da non ripetere mai più.  Ma era solo un argomento elettoralistico per catturare gli elettori di McCain. Ora questo strike, che è poco più di un gesto simbolico, può anche apparire come una promessa mantenuta.


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E’ possibile che la minaccia di intervento militare americano sullo scenario siriano del dopo Isis sia ben vista più dalla UE che dagli stessi americani. E ciò giustificherebbe l’enfasi. In particolare da parte degli stessi francesi i quali, con le loro mire sulla Libia, vedrebbero bene un ridimensionamento del ruolo russo nella regione. Ma vorrebbero che ciò avvenisse senza esporsi più di tanto. 

Infine la NATO, che vorrebbe rilanciarsi ai confini est europei, non può tollerare il legame turco con Putin in questa nuova fase e tenta di staccarli. Una caduta di Assad potrebbe valere come contropartita per un rientro nei ranghi da parte di Erdogan.




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Detto questo nulla giustifica la violenza delle armi per opportunismi geopolitici. Ci sono stati dei morti civili e forse anche qualche bambino. Ma stento a credere anche a questa versone. I bambini ormai vengono messi in mezzo ad ogni comunicato stampa che si vuole emotivo. L’opinione pubblica edonista occidentale, che non fa bambini, si commuove e abbassa le difese.


     

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