Nel giorno in cui esce nelle sale cinematografiche italiane il
film LA MACCHINAZIONE, dedicato alla verità sulla morte di Pier Paolo Pasolini,
voglio rinnovare la mia ammirazione per lui con questa breve riflessione.
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Venerdì 11 Marzo u.s. presso la sala della biblioteca Civica
di Valdagno si è tenuto un incontro sul tema “Pasolini e la censura” con due
tra i massimi esperti dell’opera pasoliniana: Angela Felice, del Centro studi
PPP di Casarsa della delizia (UD) e Roberto Chiesi del Centro Studi Archivio
PPP di Bologna.
Costoro hanno raccontato di essere stati particolarmente
impegnati nell’ultimo anno e mezzo, in occasione del quarantesimo della morte
di Pasolini, in varie attività connesse alla memoria dell’artista. Pare che
Pasolini sia infatti conosciuto ed apprezzato in giro per tutta Europa e varie
altre parti del mondo. Per capirci, New York, Londra, Mosca e Tallin sono solo
alcune tra le città nelle quali i due studiosi sono stati invitati. E la cosa
mi fa piacere perché il personaggio se lo merita.
Nel merito i conferenzieri hanno cercato di evidenziare un
Pasolini autocensore ricordando i tagli auto-prodotti fin da “Ragazzi di vita”.
Ma ciò non ammorbidì il conflitto e rimane eclatante il fatto che l’artista si
scontrò varie volte con il “comune senso del pudore” italiano durante i suoi
tre decenni di attività. In particolare per la sua produzione cinematografica
spesso provocatoria e anticonvenzionale. Ma i suoi conflitti con la censura
italiana sono anche serviti a definire in qualche modo, una sorta di confine
convenzionale tra i produttori cinematografici circa il concetto di pornografia
ed erotismo.
Dopo un periodo intenso tra la fine dei sessanta e l’inizio
dei settanta, durante il quale nel cinema italiano è stato introdotto su larga
scala il nudo femminile, si è stabilita dalla metà degli anni settanta in poi,
una sorta di limite convenzionale fondato sulla presenza o meno del fallo in
primo piano nell’immagine cinematografica. Alcuni, come Bertolucci, hanno
continuato a mostrare il fallo nei rapporti sessuali, altri come Lars von Trier
hanno riproposto più recentemente modelli nettamente “porno” nel cinema
artisticamente impegnato. Ma in definitiva la regola si è stabilizzata: niente
fallo eretto nel grande schermo.
Su questo piano film di successo come quelli di Tinto Brass
hanno poi consolidato, nel corso dei decenni, uno standard erotico sul grande
schermo tale da poter considerare profondamente erotizzato anche il comune
senso del pudore.
Questo almeno fino all’avvento di Internet. Oggi infatti le
cose stanno cambiando con l’accessibilità del porno on line, soprattutto per le
giovani generazioni. Ma questo è un altro discorso.
Quello che riemerge, pensando alla produzione di Pasolini e
alla sua storia con la censura, è proprio quella visione ipocrita, bacchettona
e oscurantista che caratterizzava la cultura italiana prima del sessantotto.
A mio avviso pertanto Pasolini è stato un grande
sessantottino e la storia del costume e della cultura italiana del secolo
scorso devono molto al suo coraggio e alla sua genialità.
La mia generazione ha beneficiato e beneficia tutt’oggi di
quelle sue lotte in termini di libertà morale e senso estetico.
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Ma non è tutto.
Oggi, con le ricerche documentate da testi come Profondo Nero,
Massacro di un poeta e La Macchinazione, (rispettivamente di Giuseppe Lo Bianco
e Sandra Rizza, Simona Zecchi, David Grieco) il carattere eroico della
battaglia pasoliniana viene rilanciato e riattualizzato. Si schiariscono
infatti i veri contorni della sua morte terribile: fu vittima delle trame nere.
Ma non solo. Egli fu un brillante “complottista” si direbbe oggi con intento
spregiativo.
Tali autori infatti sostengono con solide argomentazioni che
quella di Pasolini è una storia pienamente inserita nelle trame nere italiane
dove sguazzano fascisti, servizi segreti e personaggi violenti, nonché
squallidi della malavita siciliana e tiburtina. Per dirla in sintesi la tesi di
questi libri, formulata sulla base dello stato degli atti di varie inchieste della
magistratura, è che i delitti Mattei, De Mauro e Pasolini sono collegati tra
loro in una lunga trama nera, la stessa delle stragi di stato, una trama che
Pasolini conosceva e stava ricostruendo e denunciando con l’obiettivo di
svergognare un’intera classe politica non solo italiana.
Per questo è stato ucciso e per questo egli può essere
considerato un militante della verità in senso moderno. Uno scomodo “complottista”
ante litteram.
Grazie Paolo. Che la Tua Memoria sia per sempre.
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