Il
canto libero di Battisti è allo stesso tempo suggestivo e problematico. Secondo
Wikypedia l’autore, Mogol, lo avrebbe scritto con intento autobiografico in un
periodo durante il quale egli stava passando dalla moglie ad una compagna di
indole molto più artistica e filosofica. Ciò giustificherebbe lo sfondo epico
del testo. In sintesi Mogol avrebbe espresso l’emozione purissima di anelare
all’amante uscendo dalla prigione mondana. Altre fonti indicano il testo come
scritto a quattro mani col pieno apporto di Lucio.
Il
pezzo comunque esiste e parla da solo. Si propone con versi efficaci ed
evocativi in una suite di arrangiamenti che vanno dalla chitarra acustica al
coro femminile. Una sessione di fiati a metà del pezzo divide la parte
intimistica da quella enfatica cosicché i medesimi versi evocano metafore
diverse usando, questo è il genio di Battisti, le stesse parole.
E’
uscito come ultima canzone che chiude l’album omonimo nel ’72, annata di
particolare fertilità. Anche il singolo uscì, in Novembre con la produzione
della Numero Uno, editrice voluta e creata da Lucio. Il 45 giri sul retro aveva
Confusione. Era il singolo successivo a I GIARDINI DI MARZO. A primavera del
’73 era primo in classifica, fu il terzo 45 giri dell’anno.
L’Album
invece, quello famoso che contiene anche le salite
e risalite di IO VORREI, NON VORREI …MA SE VUOI con l’orchestra di
Reverberi, ebbe subito successo rimanendo il primo per tutto il 1973.
Christian
Zingales nel suo libro su Lucio Battisti definisce IL MIO CANTO LIBERO come un memorabile prodigio alare che si raccorda
specularmente con La luce dell’Est (pg 45). E questa è una indicazione
particolarmente accattivante per un approccio non conformistico al testo. Le
due ambientazioni, quella della Luce dell’Est e quella del canto libero, sono
infatti omogenee per continuum ambientale e di esperienza amorosa. Banalizzando
si può dire che in entrambe le canzoni c’è una coppia etero che fa l’amore nel
bosco, ma mentre nella prima la narrazione è esplicita, nell’ultima per
cogliere il coito occorre immergersi freudianamente nella metafora epica. Una
metafora nella quale il “canto
libero” è solo l’angolo della segreta
intimità, i bosco della verità che si offre nuda ai sopravvissuti vergini che
si aprono e abbracciano…
Altrettanto
banalmente si può dire che si tratta di una canzone che esprime il sentimento
della destra nostalgica dei primi anni settanta, dove” il mondo che non ci vuole più” è quello del conformismo antifascista
dominante in quegli anni. Ma in tale caso, se il significato del testo fosse
questo, a tale mondana prigionia si contrappone un sentimento forte, eroico che
si innalza altissimo e va, vola indifferente ad ogni retaggio e ad ogni accusa
perché sorretto dal vero amore. E quando, finalmente, cadrà la veste dei fantasmi del passato ebbene allora
avremo l’immacolato quadro della nuda verità con le sue purissime emozioni. Emozioni che si esprimono in NOI.
Questa
interpretazione confermerebbe lo stereotipo creato all’epoca da un certo
conformismo di sinistra, quello che voleva un Battisti che si chiede
polemicamente se LA FIAMMA è spenta o è
accesa, come allusione al Movimento Sociale Italiano. Ma oggi sappiamo che
si tratta di una storiella meschina ed infondata, smentita da Lucio stesso
nella storica intervista, l’ultima, che egli rilasciò al giornalista Giorgio
Fieschi il 18 Maggio 1979 (pg. 119).
Non c’è
il fascismo nel canto libero di Battisti, ma solo la libera poetica del
musicista che sa comprendere lo spirito del suo tempo.
***
C’è
anche da dire che il disco non ebbe particolari antagonisti, almeno nell’ambito
del pop italiano, perché il Festival di Sanremo, che si tenne l’8,9 e 10 Marzo
del 1973, fece cilecca. La Rai litigò con gli organizzatori (Vittorio Salvetti)
e non trasmise interamente l’evento. Mike Bongiorno e Gabriella Farinon
presentarono sconosciuti senza storia dopo aver scartato prima di iniziare,
gente come Lucio Dalla, Antonello Venditti e Ivano Fossati.
In quel Festival
non vennero però lasciati fuori due nuovi cantanti che si riveleranno
interessanti: Drupi e Roberto Vecchioni. Il primo non si piazzò bene al
festival, ma con la canzone “Vado Via”
spopolò nei mesi successivi contrastando Battisti e conquistando il mercato
estivo europeo grazie all’eurovisione. Il secondo arrivò in finale con “L’uomo che si gioca il cielo a dadi”,
dedicata a suo padre.
I miei
ricordi dell’epoca sono comunque più legati a LA BUONA NOVELLA, di Fabrizio De
Andrè che era uscita due anni prima, ma spopolava nei meeting del dissenso cattolico, e alle peripezie rockettare valdagnesi di Aldo Menti, Nico Bonato, Paolo
Rasia e tanti altri…
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