martedì 1 maggio 2018

Bravo Pietro: conte non conta, conta il lavoro







Importante celebrazione funebre in occasione della morte di Pietro Marzotto. Nel giorno della festa del lavoro il feretro è stato salutato nei locali dello stabilimento valdagnese, stabilimento che, contrariamente alla volontà di qualcuno e grazie a lui e agli operai è attivo ancora oggi. Una scelta di notevole forza simbolica.

Di Pietro Marzotto si è fatta una icona del capitalismo etico e io sono d’accordo. Ma non ho visto adeguato richiamo al valore di cinque, sei generazioni di operai che lo hanno permesso fornendo col loro lavoro quel valore che è stato sapientemente accumulato ed eticamente amministrato da Pietro e, non senza morti e feriti, dai suoi avi.

Penso che ricordandolo questo Primo Maggio trovi ancor migliore espressione.


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Nei giorni scorsi sono state dette e scritte molte cose, molte delle quali sinceramente encomiabili. Ma non tutte all’altezza del rigore e della correttezza che hanno caratterizzata la vita e l’impresa di quell’uomo che il feretro conteneva.
 
Il Giornale di Vicenza in particolare ha sciorinato magna pompa per celebrare il “conte”.
Stupisce che una firma molto esperta, quale è quella di Marino Smiderle, ripeta più volte imprecisioni come quella secondo la quale cinquant’anni fa Pietro dovette prendere in mano la fabbrica quando era stata abbattuta la statua “del nonno” Gaetano. Ora va detto che lo stesso errore lo fanno tutt’oggi molti valdagnesi, ma quella statua si riferisce in realtà al padre del nonno di Pietro. Si tratta cioè del nonno di quel Gaetano che ha creato la città sociale. Il nonno paterno di Pietro Marzotto era Vittorio Emanuele Marzotto, figlio di quel Gaetano cui la Città di Valdagno ha dedicato, nel 1956, il monumento. E a voler essere pignoli c’è anche un altro nonno memorabile, ma ingiustamente dimenticato dalla retorica memorialistica, quello materno ovvero Fedele Lampertico.


Ma è soprattutto l’uso della parola Conte a costituire un errore. Molti valdagnesi, soprattutto esponenti delle gerarchie interne agli stabilimenti, non hanno mai smesso di usarla quando in realtà il primo a smettere di usarla è stato proprio Pietro Marzotto quando era al comando. Quel titolo è stato dato nel 1939 a suo padre e a “concederlo” fu l’allora Re d’Italia Vittorio Emanuele III.  Il titolo era trasmissibile secondo le regole nobiliari dell’Italia monarchica, ma dal 1946 l’Italia è una Repubblica e le authority nobiliari hanno, nel nostro ordinamento, la stessa equipollenza che avrebbe la Società Bocciofila del Maio de Sora se esistesse. Quindi quel titolo non esiste esattamente come non esiste l’Ordo Templi Ierosolimitani. Detto questo resti fermo a ciascuno il diritto goliardico di sentirsi nel medioevo.

Ma, ripeto, il primo a non riconoscere quel titolo era appunto Pietro Marzotto il quale, nella sua nobiltà di pensiero e nella sua notevole onestà intellettuale, ebbe più e più volte modo di dichiararlo ai migliori giornalisti italiani nelle interviste e nelle circostanze anche formali.


Il paradosso totale poi è dato dal fatto che se il titolo esistesse, in quanto trasmissibile ora spetterebbe al figlio Umberto (Enrico Libero, musicista autore, compositore statunitense) quello che è andato al festival di Sanremo per gridare agli italiani che “conte non conta, conta chi canta”!


Grazie Pietro. Se gli altri ti fossero stati dietro oggi saremmo molto, ma molto più avanti.



Valdagno, sveglia!
(slogan studentesco del 1968)


2 commenti:

  1. Per amor di precisione, Umberto non è statunitense bensì italiano; inoltre il testo della canzone diceva "Conta chi canta,
    e pure un Conte vuol cantare" ragion per cui la citazione è davvero a sproposito dato che il ritornella enfatizzava esattamente l'opposto. Così, tanto per charire.

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    1. Per amor di precisione la frase "conte non conta, conta chi canta" è stata pronunciata da Umberto al microfono durante la presentazione di Pippo Baudo. Io non mi sono mai riferito al testo della canzone. L'aggettivo "statunitense" non si riferisce, come lei può capire dalla sintassi della frase, alla cittadinanza di Umberto bensì alla sua attività di compositore. Così egli si definiva in un sito web di qualche anno fa nel quale egli si domicilava a New York. Inoltre c'è un film con lui protagnista, girato nell'ovest degli Stati Uniti.

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