sabato 26 ottobre 2019

Verità di MIELI: il gruzzolo di Scalfaro






Mi riferisco al recente libro di Paolo Mieli sulle verità sacrificate. Della trentina di casi narrati prendo spunto da

Scalfaro e il SISDE (pg 107 – 113). Una verità indicibile.


Il presidente democristiano che piacque alla sinistra ebbe scontri pesanti con uomini dei servizi segreti soprattutto a ridosso di tangentopoli. In quel clima che vedeva clamorose dimissioni di ministri e parlamentari per tangenti, dazioni e finanziamenti illeciti, egli venne fatto oggetto di insinuazioni lesive della sua correttezza personale. Infatti avvenne che indagando sul fallimento di una agenzia di viaggi vennero arrestati uomini dei servizi con incarichi di rilievo. Tra questi Galati e Malpica rispettivamente cassiere e direttore. 

Costoro esternarono l’esistenza a partire da una legge del 1977, di un tesoretto messo a disposizione di ogni ministro dell’Interno della Repubblica. Una cifra consistente in cento milioni al mese. Egli, il presidente Scalfaro, reagì facendo un discorso alla nazione a reti unificate nel quale lanciò le famose parole “non ci sto”. Ma non negò di aver ricevuto quei soldi. Una dazione peraltro legale. E successivamente al discorso sfidò chiunque a dimostrare uso illecito di tale denaro. I magistrati in quel frangente appoggiarono il Presidente Scalfaro e accusarono gli accusatori di attentato agli organi costituzionali. 

Ma Francesco Misiano, sostituto procuratore di Roma, scrisse un libro nel quale contestava questa scelta attaccando i superiori per aver salvato Scalfaro da un’indagine sull’utilizzo di una montagna di soldi. Malpica pubblicò un libro nel quale diceva chiaramente che “il signor Scalfaro quei sodi li ha presi” e, pur ricordando la proverbiale onestà dell’uomo, ricordava che Fanfani da ministro dell’interno nel 1987 – 88 non attinse a quel denaro.



Ci fu in realtà un’inchiesta promossa dal ministro dell’Interno Nicola Mancino che incaricò il magistrato Filippo Mancuso. Costui certificò l’inesistenza di illeciti, ma nel 1995 divenne ministro della giustizia del governo Berlusconi e quando questo cadde il Mancuso stesso da esponente dell’opposizione sotto attacco polemico, fece pervenire alla stampa un nuovo attacco alla correttezza di Scalfaro, accusandolo di essere a suo tempo intervenuto su di lui per forzarlo a dichiarare pregiudizialmente tale assenza di illeciti. In pratica un’illecita pressione censoria, un abuso di potere. Al punto che Mancuso quando Scalfaro lascerà il Quirinale nel 1999 presentò un esposto giudiziario. Esposto che venne archiviato dal Tribunale dei Ministri.



L’esistenza tutt’oggi del dubbio sulla legittimità dell’operato di Scalfaro costituirebbe la verità indicibile di questo caso.






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              De minimis non curat praetor



(il pretore non si cura di cose di poca importanza ---)


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