giovedì 12 marzo 2015

Secessionismo petrolifero




INTERNATIONAL NEW YORK TIMES dà notizia, con un richiamo in prima pagina e un rinvio alla pagina interna delle world news, dell’esistenza di un gruppo separatista texano che sostiene che il Texas non si è mai unito agli Stati Uniti, batte una propria moneta e tiene periodiche riunioni del proprio Congresso.  
I membri partecipanti a tali riunioni usano proprie monete e portano con sé carte di identità che avvisano la polizia che essi fanno parte del personale diplomatico che rappresenta la nazione texana.


Il vice presidente, un pensionato ex dipendente di compagnia telefonica, ha spedito una lettera nel 2011 al governatore di Oklahoma informandola che avrebbe dovuto affrontare un contenzioso sui confini delle contee tra i due stati in quanto sconfinanti sul territorio nazionale texano. E’ l’atto che ha attirato l’attenzione delle autorità.



Il punto centrale di questa posizione politica risiede nella convinzione texana che non esista atto legale che faccia del Texas una parte degli Stati Uniti. Rimanendo pertanto la Nazione texana, una entità separata. 

Il gruppo è legato ad associazioni veterani delle guerre estere e si autodenomina Republic of Texas. Per ora agisce per lettera, ma si inserisce in un filone di pensiero politico già presente. Alle ultime primarie per il governatorato texano ad esempio il candidato secessionista Larry Kilgore ha preso 19,055 voti. Costui, facilmente raggiungibile attraverso la pagina Facebook, opera nell’ambito del Partito Repubblicano, ma per essere chiaro circa il suo messaggio politico ha addirittura cambiato il suo nome in Larry Secede Kilgore.

Non si tratta però della stessa proposta politica della Republic of Texaxs perché per questi ultimi non c’è secessione da fare, ma semplicemente azioni legali presso le corti di giustizia affinché vadano riconosciuti gli atti dei loro organi legislativi vista la nullità della annessione avvenuta a metà del diciannovesimo secolo.








Il gruppo non è armato e per il momento non viene trattato con repressione da parte della polizia. Ma la stessa polizia non esclude evoluzioni illegali.




L’impressione che si ricava dalla lettura dell’articolo è che non vi sia sottovalutazione né, tantomeno, derisione del problema. Il che mi fa pensare alla differenza con il comportamento italiano verso il venetismo, deriso ed ignorato per anni da una classe politica ignorante e impreparata.
Si tratta di un articolo che appare su “international” new York Time dal che deduco che non venga trattato come un problema internono un semlice fatto di allerta dell’ordine pubblico.



Si tratta di un segnale politico da non trascurare perché fa parte di un quadro di segnali autonomistici che interessano varie parti del mondo, in particolare nelle zone petrolifere.








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