martedì 2 agosto 2016

Qualche commento sul libro di Marta Marzotto








Marzotto e Valdagno sono due nomi legati dalla propria storia, ma dal recente libro di Marta Marzotto non si direbbe.

In realtà fu lei a non essere legata a Valdagno e i valdagnesi non hanno mai mostrato grande interesse per le sue vicende. Se non per il fatto che dopo decenni di propaganda anticomunista marzottiana, il suo gossip associava il nome di Marzotto proprio ai comunisti. 

      

Le news più recenti tendono a presentarla come una stilista internazionale ma a mio avviso la miglior definizione resta quella di “Regina dei Salotti”. Una definizione che si addice maggiormente a quella che è stata la sua figura pubblica in cinque decenni. A mio avviso il successo della sua immagine mediatica è legato alla personalità e al sapore glamour delle sue storie. Ma tutto dentro un piano di comunicazione caratterizzato dall'idea che il mercato futuro dei prodotti italiani si legato al lusso.

La sua immagine è sempre stata protagonista di gossip ed ha contribuito alla perpetuazione mediatica del nome Marzotto anche dopo gli anni settanta quando la famiglia ha progressivamente messo in atto una politica di contenimento del protagonismo pubblico e di accantonamento del marchio storico.





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Piccole curiosità per uno pseudo gossip valdagnese:


1 – Nel libro non viene mai nominato Pietro Marzotto, il figlio più giovane di Gaetano, colui che ha dominato la scena industriale nazionale e locale per più di trent’anni. Colui che ha dato una immagine seria e positiva a tutta la quinta generazione dei Marzotto ricordando a tutti col suo lavoro che si tratta di una delle più importanti case industriali della storia italiana.

Si possono ipotizzare molte spiegazioni, ma la più “valdagnese” potrebbe benissimo essere intuibile riportando le parole che si scambiavano gli operai quando a metà del turno si rischiava di non raggiungere i punti di cottimo: “ciò mona, taca i cai inveze de ciacolare…!” 


2 - A pagina 48 si narra di un "operaio della Marzotto" che le mandava insistenti biglietti d'amore. Si scoprì con una indagine che era un ventenne innamorato. Il caporeparto lo chiamò e gli disse che era matto a permettersi un comportamento simile proprio con la moglie del padrone, ma costui rispose che il fatto di aver comprato le sue braccia non significava che avessero comprato anche il suo cuore. Un bell'aneddoto che richiama l'idea di un legame tra lei e gli operai. Un amore che sfonda le differenze di classe. Ma dev'essere successo a Portogruaro perché qui a Valdagno oltre che non averne mai sentito parlare proprio non me lo vedo. Può esserci stata qualche figlia di Marzotto che abbia in gioventù rapito il cuore di qualche studente, ma è roba d'altri tempi. Nient'altro.
Qui le differenze di classe sono state abbattute in altro modo.


3 - Marta sposò Umberto nel 1954 a Milano con una cerimonia voluta e organizzata dal suocero Gaetano presso il Cenobio del Santo Sepolcro in pienezza di paramenti nobiliari maltesi. La battuta sui cavalieri di “Marta” (in contrapposizione agli officianti Cavalieri di Malta) copre il carattere riservato e paramassonico della cerimonia. Certo, credo che nessuno potrà mai sostenere un Gaetano Marzotto massone, ma in quel matrimonio comitale, in un’Italia postmonarchica solo da pochi anni, i cavalieri e le corazze c’erano. Il padre di Marta, il ferroviere povero, non volle partecipare perché si sentiva a disagio e fuori luogo. E’ il padre di Marta il vero eroe di quella cerimonia.



4 – A pagina 50 il libro precisa che Vacondio (il cognome di Marta da nubile) non è il nome dei trovatelli, bensì, anticamente, quello dei pellegrini in cammino nell’anno santo.

Tale precisazione, più che come un tentativo di riqualificare le origini familiari me la spiego solo come una ricerca di finezza culturale visto che è parimente umiliante discendere da un trovatello oppure da uno sconosciuto di passaggio…


5 – Come spesso avviene per i personaggi molto in vista il popolo ama confabulare su segrete figliolanze più o meno illegittime. Il libro ci ricorda in proposito che lo stesso Giorgio Napolitano, presidente emerito della Repubblica, si dice sia figlio di re Umberto di Savoia a causa della sua somiglianza. I Marzotto non mancano di una simile tradizione. Le mia zie sostenevano che Gaetano (jr) aveva almeno una decina di figli naturali solo tra le “mitifili” (rammendatrici di tessuti) e oltre a questi, diceva, ne aveva altrettanti in giro per mondo. Quello che è storicamente certo è che suo padre Vittorio Emanuele venne ucciso da un figlio naturale ritornato dall’argentina ove la madre era emigrata.

Nel caso di Marta si favoleggia sul fatto che Matteo sia in realtà figlio biologico di Guttuso e si accampano somiglianze nella figura e nella capigliatura. Ma la ricostruzione che fa il libro lo esclude perché si afferma che Marta non vide mai Guttuso tra il 1960 e i “successivi sette anni” (pg 55) si arriverebbe quindi al 1967. Ma poi Marta aggiunge “che ero incinta di Matteo”. Matteo però è nato nel 1966 e quindi qualcosa non torna. Avanti col gossip!



6 - Il libro, dopo un capitolo intero dedicato a mondo arabo, termina con una foto di copertina nella quale si vede una Marta di pelle scura col velo.
Visto che qualche anno fa la Valentino Fashion Group è finita nelle mani della famiglia reale del Qatar potrebbe trattarsi di un modello di glamour che punta alla sensibilità islamica. Se non si trova la strada per vendere il glamour anche a costoro il sistema moda globalizzato avrà il fiato corto.




      
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 In conclusione direi che con l’immagine che ne dà questo libro la memoria mediatica di questa regina del gossip potrà essere utilizzata ora, da morta, nell’era dell’edonismo in crisi finanziaria, per aiutare la borghesia industriale moderata italiana a rifarsi una verginità dopo il ventennio di sputtanamento berlusconiano.




Se anche fosse, benvenga.


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